Che giornata, che Coppa America. I sacerdoti della tradizione, gli aggrappati al vecchio sono rimasti li con il naso sul vetro e la gocciolina di umido che cala: anche con questi ragni da cento all’ora che si sfiorano, che stanno imparando una nuova danza, una nuova match race fanno spettacolo. A ogni epoca il suo, e sembra proprio che questo sia il nuovo che avanza. Sul piano numerico la giornata finisce uno pari, una vittoria per Emirates Team New Zealand e una per Oracle, distacchi piccoli, battaglia tanta. Dopo quattro regate i punti sono tre per Emirates Team New Zealand e meno uno per Oracle. Regata tre la più avvincente: James Spithill ha deciso per l’assalto all’arma bianca e Dean Barker, che invece vuole restare lontano dai guai per scatenare i cavalli sul percorso deve subire e accettare una penalità. Però la penalità (queste barche non devono compiere un giro su se stesse come i monoscafi, ma vengono rallentate dagli arbitri per un periodo che ritengono sufficiente) non basta a dare via libera alla barca americana. Inseguita, braccata dai diavoli neri viene superata lungo la bolina con manovre magistrali dei neozelandesi che sanno sfruttare ogni metro e ogni virata. Quando sono finalmente liberi i kiwi allungano un poco il passo e vanno a vincere con 28 secondi di vantaggio. Regata quattro parte con le stesse intenzioni: Barker non vuole problemi, soprattutto dopo la penalità. Spithill vede una buona occasione nel lanciarsi all’interno con un tempo perfetto e una velocità migliore. Passa in testa la prima boa e questa volta ci resta. Emirates è sempre li, con il fiato sul collo, ma non ci sono corsie di sorpasso da sfruttare e la miracolosa bolina della regata precedente non riesce: costretto dalla situazione al bordeggio dalla parte sbagliata del campo prova più mosse, compreso un tentativo di fare foiling anche di bolina ma insegue sempre. Anche nell’ultima poppa dove si avvicina tanto ma non sorpassa: al traguardo Oracle ha solo otto secondi di vantaggio. Quasi nulla. Per gli americani una vittoria significativa, che dimostra che la loro barca non è poi tanto inferiore a quella kiwi e che ogni giorno stano imparando qualcosa. Del resto si tratta di un equipaggio di campioni, è anche difficile pensare che non sappiano reagire. La cosa più eloquente sono i sorrisi in casa Oracle, che dicono una cosa tipo “ce la possiamo fare”. Ce la faranno? Dipende dalla loro capacità di reazione, da come sapranno usare il giorno di riposo che hanno davanti per la messa a punto della barca. D’altra parte anche i kiwi crescono e martedì per regata cinque e sei potrebbero avere delle derive nuove. Il gioco è del tutto aperto. James Spithill, eroe del giorno dice: “le velocità sono simili, dobbiamo migliorare in virata. Queste barche sono veramente faticose per tutto l’equipaggio meno che per me al timone. L’equipaggio è sempre sotto pressione, non sono mai stato su una barca così”. Per chi ama i dati numerici in regata quattro Oracle per la prima volta è stata più rapida di ETNZ con 45,97 nodi mentre i kiwi hanno segnato 44,98.
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E venne il giorno della prima grande battaglia, della singolar tenzone che chiamiamo match race e Coppa America. La regata delle regate ha finalmente indossato il vestito buono, non black tie delle serate mondane che tanto piacciono ai commentatori a caccia di gossip e inutilità varia, non la giacca blu con i bottoni d’oro con cui si varca la soglia degli yacht club strappandosi inviti esclusivi, non la polo griffata con cui ci si avvicenda . Il vestito buono è quello della lotta per la sopravvivenza, nel caso specifico fatto di una stratificazione di mute, salvagenti, bombole di ossigeno, caschi e quant’altro fa somigliare questi velisti a giocatori di football americano. Dopo la prima giornata di regate il vincitore è Emirates Team New Zealand: due vittorie ben costruite, due punti che avvicinano la Coppa America al primo piano del Royal New Zealand Squadron di Auckland. Nessuna regata di un giorno, nessuna corsa ha mai richiesto tanta adrenalina e potenza fisica: magari paura si, in mezzo all’oceano, ma quella paura dei marinai, che affrontano ogni mare con le infradito o i piedi nudi. Qui non si può, non si scherza più: è l’analogo della Formula Uno. Sbagli ed è testa coda, dietro il volante c’è il muretto. Finora la Coppa è stata poco eccitante nello scontro one to one anche se lo è stata per tecnologia e velocità, ma è bastata la prima bolina della prima regata ad accendere gli animi, ad alzare le pulsazioni e riportare la Auld Mug sul palcoscenico buono. Finalmente sapore di sfida, clangore d’armi medievali, lance spade, cavalli infuriati. Le facce nel campo di Oracle sono eloquenti, la sconfitta pesa già. Regata uno inizia con un bel duello in partenza, dove Dean Barker, un po teso al mattino, controlla l’avversario e si lancia in testa alla prima boa. In tutte le regate disputate finora questo è stato in pratica l’unico momento di tensione vera. Il vento è sotto i 14 nodi e con quest’aria Oracle cammina forte: succede che non perde acqua e resta attaccato a New Zealand che gira male la boa e perde una frazione di vantaggio. Nel gioco mure a dritta mure a sinistra Oracle passa in testa e sembra contenere e controllare Emirates che il tattico Ray Davies porta a navigare dove l’isola di Alcatraz protegge il campo dalla corrente. Oracle perde Joe Newton in mare, scivola sul lucido della traversa. I kiwi ripassano e controllano, conservano il loro vantaggio con i denti e chiudono con un vantaggio di 36 secondi. L’impressione è che ci sarà battaglia anche se i kiwi tirano un bel sospiro di sollievo. I dati tecnici sono media di ETNZ 30,07 nodi, velocità massima 43,54. Per Oracle media 28,58 con velocità massima di 42,51.
Regata due vive una partenza più confusa, con una piccola collisione su orzata, richieste di penalità non assecondate dalla giuria e poi la nuova corsa di New Zealand in testa. Questa volta Oracle, con vento più forte, applica una tattica di attesa: spesso dalla stessa parte aspetta di poter passare su errore. Che non arriva, la regata si chiude con un vantaggio di 52 secondi per i kiwi. Le medie salgono di poco, 30,12 per ETNZ con velocità massima di 46 nodi, 28,92 con velocità massima 42,87 per Oracle. Da notare che questi dati sono con il vento in crescita nella seconda regata, e potrebbero anche essere sintomatici di quanto sia la capacità delle due barche. ETNZ ha raggiunto fuori regata i 49 ufficiosi, Oracle non si sa. C’è davvero un margine per migliorare? Ci sono derive da cambiare montare? Difficile che i team non siano partiti con il materiale migliore: si sa che a ogni generazione di derive la velocità è migliorata sensibilmente perchè, come sempre nella vela, si è riusciti a ridurre la superficie bagnata senza pagare troppo in portanza.
Su Facebook Russell Coutts scrive: “dobbiamo lavorare per raggiungere i kiwi”, in sala stampa James Spithill dice: “velocità simili, ce la possiamo fare”. Dean Barker: “le prestazioni sono vicine, ci sono margini di miglioramento anche per noi, lavoreremo di notte”. Il futuro? Ancora incerto, Emirates deve vincere altre sette regate. Domenica altre due e poi, se non ci sono recuperi, si corre martedì.
Il filmato:
Joe Newton cade in mare
Inizia sabato la edizione numero 34 della America’s Cup, regata vecchia di 162 anni, un mito. Di fronte ci saranno Oracle e Emirates Team New Zealand. Oracle è la squadra voluta da Larry Ellison, ricco da essere sempre tra i primi cinque della classifica di Forbes, ha affidato tutto a Russell Coutts lo skipper che in Coppa ha vinto più di tutti, che ha costruito un team di 120 persone e con un budget tra i 120 e i 170 milioni di dollari, usando tutte le tecnologie disponibili negli Stati Uniti per far volare, e la parola non è casuale, le sue barche. Ci sono ex ingegneri Boeing, programmi di Dassault, centri di calcolo in tutto il mondo, anche in Italia, per rifinire le prestazioni dei catamarani classe AC 72. Russell Coutts ha scelto molte cose di questa edizione della Coppa America così contestata, soprattutto di spingere verso la velocità pensando che lì stesse lo spettacolo, che in realtà non piace a tutti quelli che ricordano la tenzone medievale. C’è una larga parte di velisti che preme per una contro riforma, per il ritorno all’antico. Ma ormai la strada è segnata, la Coppa del resto ha sempre guardato il futuro, e dalla velocità difficilmente si tornerà indietro. Nel lungo percorso per arrivare a queste regate purtroppo il team di Coutts ha modificato le barche di classe Ac 45, quelle piccole che hanno corso a Venezia e Napoli, e la Giuria Internazionale ha somministrato al team alcune pene dolorose, la più grave due punti di penalità che cancelleranno le prime due vittorie, poi la squalifica di quattro velisti tra cui il regolatore della wing (la vela alare) l’olandese Dirk De Ridder. Lo skipper è il mitico James Spithill, australiano e fortissimo in match race, uno dei grandi talenti della vela contemporanea, come molti dell’equipaggio. Il challenger Emirates Team New Zealand arriva dalla vittoria della Louis Vuitton dove non ha avuto, in realtà, avversari se non Luna Rossa di Patrizio Bertelli, un buon partner che sapeva di perdere ma voleva conservare squadra ed esperienza, imparare cos’è la velocità per partire in vantaggio la prossima volta. Emirates Team New Zealand non fonda la sua partecipazione sul denaro ne sul desiderio di un tycoon di comparire: lo stile kiwi è sempre quello di spendere lo stretto necessario e di essere una squadra. Il budget è arrivato a 110 milioni di dollari, ma quelli neozelandesi, fanno circa 80 milioni di euro. La squadra in realtà è una nazionale della vela, che vuole riportare la Auld Mug in patria non solo per lo sport, ma anche per sostenere l’industria nautica che è la seconda del paese (confronto impossibile con l’Italia, dove è stata demolita). Per questo ci sono finanziamenti governativi, si dice attorno ai 40 milioni di dollari neozelandesi, e una serie di sponsor tra cui anche marchi europei, come gli orologi Omega e Skyy Vodka (gruppo Campari). A tenere insieme le cose sul piano finanziario c’è un signore di passaporto americano e nome italiano Matteo De Nora, innamorato della sportività neozelandese. Sul piano sportivo il leader è Grant Dalton, signore degli oceani, e lo skipper Dean Barker. Sono due eroi nazionali, valgono come da noi Totti e Buffon. Chi vincerà? Non c’è pronostico, i neozelandesi sono un po’ più avanti nella conduzione della barca, sono davvero determinati. Gli americani sembrano più veloci in qualche condizione e con quello che hanno speso devono esserlo. Le regate iniziano sabato attorno all’una ora locale di San Francisco, forse basteranno i primi dieci minuti per capire chi vincerà le altre prove. Per portare la Coppa a Auckland al primo piano del New Zealand Yacht Squadron, Aeteoroa deve vincere nove regate, Oracle per tenerla nel Golden Gate Yacht Club undici. Sarà una settimana difficile, veloce di sicuro.
Cialtroni: non c’è altra parola per definire i “velisti” che hanno architettato il taroccamento dei due AC 45 Oracle che hanno ottenuto i risultati migliori degli altri nelle World Series. Lo sono perché l’azione, tanto per vincere le World Series di nessun interesse agonistico concreto per la Coppa, rischia di mettere in seria difficoltà Oracle nel confronto con lo sfidante New Zealand. La Giuria, più avanti la descrizione di tutte le pene previste, composta dal presidente David Tillett, John Doerr, Josje Hofland, Graham McKenzie, Bryan Willis ha salvato la reputazione dei velisti maggiori e ha mostrato di credere alle argomentazioni di sir Russell Coutts, sir Ben Ainslie, di Grant Simmer l’uomo che sembra aver dato più coerenza al progetto di Oracle dal momento del suo arrivo nel team. Coutts si dice seriamente arrabbiato: “questa cosa ci ha fatto perdere tempo prezioso negli allenamenti” e in questi giorni Oracle non ha potuto navigare con le due barche complete. Nel provvedimento si cita un Sailor X la cui identità viene tenuta segreta perché la sua posizione è stata stralciata, ma potrebbe ragionevolmente essere James Spithill che compare molto spesso nei verbali e conduceva una delle due barche incriminate. La Giuria scrive che è giusto punire il team e le persone ma che il verdetto deve essere quello delle regate perché non tutto il team era coinvolto. Non sembra del tutto realistico che sia così… però è possibile che alcuni non sapessero in un team di 120 persone. Più vero probabilmente che non sono arrivate le prove che servivano per rendere chiaro l’imbroglio. Comunque va notato che è la seconda volta che questa Giuria Internazionale che qualcuno non credeva indipendente si è mossa contro il defender senza andare troppo per il sottile e anche che queste erano più o meno le pene previste da radio banchina. A conti fatti era poco probabile che arrivasse a fermare la Coppa.
Grant Dalton pensa che comunque gli tocca vincere: “tutte queste discussioni si fanno al tavolo del bar e fanno male al nostro sport che non lo merita, sul piano pratico ci tocca pur sempre vincere nove regate”. Insomma non ci sono sconti per i kiwi, vero. Ma è andata quasi sempre così: per il bompresso di New Zealand la Giuria aveva tolto una vittoria a una regata e questo era bastato a sbandare totalmente il team che non si è più ripreso. Simile la situazione con One World pizzicato con i dati dei computer dell’edizione precedente. Diversa la situazione attuale: le regate non sono ancora cominciate, anche se i volti sono tesi e mezza stampa americana oltre al pubblico è contro il defender. Negli States imbrogliare resta una cosa grave. Gli americani si difendono affermando che pochi grammi non davano vantaggio, sarebbe vero… se non che il vero vantaggio a quanto pare era nella maggior lunghezza del kingpost che avrebbe consentito di caricare meglio la struttura e il sartiame che la tiene insieme. Secondo i maligni quello che gli stazzatori hanno trovato è solo quello che era stato dimenticato nel rimettere le barche in stazza. C’era dell’altro, ma non si sono trovate le prove. Oracle insomma è in regata e i due punti cambieranno la storia se le Oracle e Aotearoa mostreranno prestazioni simili, a dire il vero ci credono in pochi e a San Francisco tutti pensano che presto scopriremo il più veloce che comunque dominerà le regate. La storia è sempre quella: dalla parte americana ci sono le ricerche dell’industria aeronautica, servite nel 2010. Da quella kiwi l’esperienza e la solidità del team. Sono cinque i velisti sanzionati secondo la regola 69, sono il giovane Kyle Langford che se la cava con una tirata di orecchi stile “non farlo più”, l’australiano Bryce Ruthenberg dello shore team che viene sospeso dalla Coppa ma la stessa Giuria raccomanda la Federazione Australiana di non procedere oltre perché si è pentito e ha collaborato. Il kiwi Matt Mitchell è sospeso da quattro regate di Coppa e anche per lui è considerato sufficiente il provvedimento. Più duro il giudizio nei confronti di Andrew Andy Walker sospeso con raccomandazione alla Isaf o alla federazione neozelandese di prendere ulteriori provvedimenti. L’olandese Dirk De Ridder è l’uomo più importante tra i sospesi dalla Coppa, regolatore della wing sulla barca titolare anche qui la Giuria chiede agli organismi nazionali e internazionali di intervenire. Secondo il collega Glen Ashby la sua perdita per il team può avere un peso psicologico ma non rallentare di molto la barca “Dirk è bravo e il suo è un ruolo chiave, ma io credo che possa essere sostituito da Kyle Langford e passargli tutto quel che serve”. Per quanto riguarda il Team e il procedimento secondo la regola 60 del Protocollo la Giuria applica le penalità previste dal punto 15 sempre del Protocollo e sanziona Oracle con la perdita di due vittorie: significa in pratica che i primi due eventuali punti vengono cancellati. Questo ha posto subito un problema: se gli americani conquistano dieci vittorie (8 punti) e i kiwi 7 non ci sono virtualmente più regate nel programma per arrivare a nove punti. Non è chiaro se nel caso si arrivi a questa situazione, che a tutti sembra un po’ difficile, sarà allungato il programma. Oltre ai due punti ci sono le multe in denaro che devono essere pagate prima dell’inizio delle regate. 125 mila dollari vanno alla fondazione istituita a nome di Andrew “Bart” Simpson per aiutare i giovani velisti e altri 125 mila vanno a una istituzione benefica scelta dal Sindaco di San Francisco, che non ha mai amato Larry Ellison e Oracle per il suo desiderio di entrare in possesso di una vasta area dei docks, con la scusa della Coppa America, per alcuni decenni.
I documenti, per chi ha voglia di leggere
http://noticeboard.americascup.com/wp-content/uploads/2011/08/JN117.pdf
http://noticeboard.americascup.com/wp-content/uploads/2011/08/JN116.pdf
Ecco il documento che la Giuria Internazionale ha rilasciato per dimostrare la diversità delle due barche di Oracle rispetto al resto della flotta. Ci sono differenze che perlomeno dimostrano che sull’argomento i tecnici di Oracle hanno lavorato anche se sembra che 300 grammi di differenza in peso, 9 mm in lunghezza non siano poi così vantaggiosi. Cosentono una maggiore tensione della struttura che diventa più rigida. In un primo tempo la Giuria aveva comunicato che Oracle 5 sarebbe stata “pulita” invece dal rapporto sembra che invece la barca regolare sia quella utilizzata da Ben Ainslie con lo sponsor JP Morgan. Questo rende perlomeno più chiara la situazione del campionissimo.
Una fonte di Luna Rossa dice: “abbiamo studiato a lungo le virate di Spithill con AC 45, che riusciva ed alzare lo scafo subito dopo il cambio di mura. Noi ci abbiamo provato un sacco di volte senza riuscirci, perchè puoi farlo solo le lo scafo è considerevolmente più leggero”. Il particolare rilevato dagli stazzatori sarebbe quindi una “dimenticanza” di un più sostanzioso trattamento subito dalle barche di Oracle. C’è chi dice che potevano variare l’angolo delle derive per salire di bolina e chi afferma che gli scafi fossero stati alleggeriti in maniera consistente per mettere peso al centro. I 300 grammi rimasti nel bompresso sarebbero solo una parte di questo peso.
Sul piano delle possibili punizioni le voci più consistenti restano una possibile squalifica di Spithill, che dovrebbe cedere il timone a Ainslie (ma talvolta la squalifica inizia dopo l’evento, e sarebbe inutile) e tre punti di penalità per il team, che partirebbe per l’incontro con Emirates Team New Zealand da -3. Se fosse vero per vincere gli americani dovrebbero vincere 12 regate e i kiwi le 9 previste. Tanta roba… che allunga il programma in maniera consistente.
Oracle è con il fiato sospeso, l’udienza decisiva è spostata a giovedì 29, perchè gli avvocati di Oracle non erano pronti con il materiale difensivo. La situazione è più grave di quel che sembra insomma. Intanto i premi dei circuiti passati sono stati ri assegnati a Luna Rossa ed Emirates Team New Zealand. Quel che appare davvero grossolano è come Coutts (e chi se non lui) abbia potuto mettere a rischio tutta la difesa per vincere nel circuito AC 45, un segno di “ingordigia” inutile.
Il documento:
http://noticeboard.americascup.com/wp-content/uploads/2011/08/KingpostReport240813.pdf
Giornata drammatica a San Francisco nella prima della finale Louis Vuitton Cup, dove Emirates Team New Zealand conquista un punto ma quasi si ribalta e Luna Rossa si ferma quasi subito dopo la partenza. Doveva essere il primo grande spettacolo… e per alcuni lo è stato. Ma il primo giorno poteva mettere in discussione tutta la selezione sfidanti. Il “nose diving” della barca kiwi è non è per niente bello: capita quando un catamarano infila una prua in acqua, che comincia a voler scendere verso il fondo, spinto da tutta la forza della velocità e delle vele. E’ lo stesso evento che è costato a Oracle e Artemis il ribaltamento. Capita nel momento più pericoloso per un catamarano, quando si poggia e la barca accelera repentinamente: in queste condizioni il carico sullo scafo interno è al massimo. I progettisti lo sanno bene, e soprattutto quelli di Emirates Team New Zealand avevano studiato a lungo la faccenda, per il momento il risultato si vede. Almeno all’apparenza New Zealand è intera, anche se ci vorranno tutti i controlli per capire che la traversa ha subito qualche danno. Emirates nella prima regata contro Luna Rossa, già ferma per una rottura a una deriva, stava navigando a 40 nodi spinta da una raffica quando qualcosa è andato storto è ha infilato le prue degli scafi in acqua passando dalla condizione di aliscafo a quella di sommergibile per il tempo sufficiente a perdere in mare due uomini, i più grossi dei grinder e forse per questo meno agili, per fortuna hanno riportato solo qualche ammaccatura e sono arrivati a nuoto alla chase boat che li aspettava. Sono Chris Ward, uno dei tanti veterani che fanno la forza dell’equipaggio kiwi, grinder fin dal 92 contro il Moro di Venezia, e Rob Waddell vincitore di una medaglia d’oro alle Olimpiadi con il canottaggio a Sydney, grinder nel 2003 e nel 2007 dove era anche boat captain. Dopo l’incidente i kiwi hanno navigato molto prudentemente, alzando in foiling la barca molto poco, probabilmente per sentire le reazioni della struttura.
Dopo l’arrivo Dean Barker ha spiegato che “è mancato il perfetto coordinamento tra la regolazione dell’ala e quella delle derive. Bastano pochi attimi su queste barche per cambiare la situazione e passare dalla perfezione all’errore”. I danni visibili sono solo alle coperture aerodinamiche, (fairing) fogli leggeri che servono a ridurre la resistenza al vento e migliorare la portanza dell’ala (nella zona sotto formano un piatto che ha la funzione di tappo per fermare i filetti fluidi che potrebbero circolare dietro l’ala sebbeno in una zona di grandi turbolenze) , potrebbero esserci danni invisibili alla struttura e questo sarebbe molto più grave e potrebbe compromettere addirittura la partecipazione di New Zealand alle prossime regate. Il team si è dichiarato tranquillo. Il fatto che la barca si sia salvata dimostra come sia costruita e progettata bene: con prue più sottili sarebbe stato più difficile. E Luna Rossa? In una giornata drammatica anche per lei un piccolo dramma: uno dei sistemi di regolazione delle derive , in realtà una cosa piuttosto semplice, si è rotto poco prima della partenza. La riparazione di fortuna (si sentiva la voce di Bruni dire “taglia taglia” ma non si è capito cosa) non ha avuto effetto e dopo una partenza interessante e un primo lato di lasco “dove abbiamo tenuto l’avversario – come ha detto Max Sirena – dimostrando che la messa a punto di questi giorni funziona. Stiamo usando la seconda ala che si può twistare molto meglio”. Luna Rossa si è dovuta fermare prima di ingaggiare la vera battaglia con i kiwi. In questi casi non ci si ritira, ma si aspetta la fine: se New Zealand fosse stata costretta al ritiro, e ci è andata molto vicino, Luna Rossa avrebbe potuto completare il percorso a bassa velocità conquistando un punto prezioso in questa finale Louis Vuitton che si corre al meglio di tredici punti. La barca neozelandese pur acciaccata però è arrivata in fondo, nonostante i due velisti in meno e i danni. Per fortuna dei due team il vento è salito troppo e il Comitato ha mandato tutti a casa: nessuno dei due infatti voleva chiedere la sospensione (l’unica che si può chiedere nella serie di regate), o meglio tutti e due i concorrenti stavano aspettando che fosse l’avversario a farlo ed entrambi stavano dichiarando “pronti a partire”… ma era poco vero, per tutti e due era molto migliore la prospettiva di rientrare alla base e cominciare le cure mediche agli scafi.
La giornata proponeva anche due regate tra i due equipaggi del defender, condotti dagli indagati (per cheating con gli AC 45) Ben Ainslie e Jimmy Spithill. “Non ho visto grandi cose – il commento di Max Sirena – hanno molto da imparare in manovra”. Insomma Oracle insegue? I challenger osno favoriti? Mai dire mai….
I critici incalzano: questa Coppa America non sarà interessante, costa troppo, non c’è match race, non è il nostro sport antico. Ma è davvero così? Se si prova a spostare il fuoco della prospettiva per andare caccia di contenuti in realtà se ne trovano di forti: tecnologia, tecnica, novità. E’ una regata che ha sempre scritto la sua storia con la grammatica dell’innovazione. La goletta America non era un catamarano ma andava il doppio delle barche inglesi. I sontuosi J Class che con le loro linee ci ricordano decadenza e nostalgia erano in realtà i “mostri” del loro tempo, gli anni ’30. Barche qualche volta costruite con materiali destinati a durare poco, alcuni armati e progettati con l’aiuto di industrie aeronautiche, proprio come succede adesso per i catamarani della classe AC 72 voluti per portare spettacolo e rivoluzione in un mondo dove forse per inseguire il pubblico, bastava mettere a punto le riprese televisive e soprattutto farle davvero. Una delle giustificazioni (conferenza stampa di Roma, c’era ancora Mascalzone Latino nella parte del Challenger of Record) che hanno portato alla scelta dei cat c’era la televisione, ma adesso in pratica non sarà prodotta nelle fasi iniziali. Fiducia nella macchina, fiducia nella velocità, fiducia nel rischio e non della capacità di comunicare degli atleti e degli uomini: sono alcuni di quelli che potrebbero essere errori di prospettiva, indossando gli occhiali dello sport olimpico, che hanno portato verso questa che si è dimostrata essere una dimensione rischiosa anche se affascinante. L’estetica non compresa di questa Coppa è la velocità, marinettiana e definitiva. Negli anni trenta l’aviatore sir Thomas Octave Murdoch Sopwith, da sfidante di Harold Vanderbilt, per gli Endeavour aveva voluto i suoi ingegneri: dalle sue fabbriche erano usciti i Sopwith Camel cari a Snoopy che sui cieli d’Europa incontravano il Fokker del Barone Rosso. Dunque poco si inventa, tanto si applica, anche perché tutto quello che si muove in acqua somiglia tanto a quello che vola in cielo. E gli AC 72 volano sull’acqua con le loro vele rigide e le derive da aliscafo. Ala che già il magico Dennis Conner aveva usato per umiliare i neozelandesi nell’88 con il suo Stars & Stripes. Al bar adesso si parla in aeronautico: drag, fin, foil, wing, wetted surface, CFD computational fluid dynamics. Se dopo Azzurra e il Moro erano tutti professori in tattica dopo questa Luna Rossa saranno tutti ingegneri. Per vincere bisognerà star lontani dall’ avversario ed essere più veloci. Del resto siamo nel terzo millennio e la Coppa America è come un ago della bussola: si orienta dove va il mondo. Purtroppo si è già capito che questi catamarani sono troppo potenti, voluti così grandi per non esser più piccoli di barche di altre regate importanti alla fine sono attrezzi isterici: formidabili prestazioni, formidabili rischi. Come in Formula Uno? Si, no, quasi: passato il tempo in cui salirci era sinonimo di vivere a tomba aperta le auto hanno raggiunto un grado di sicurezza notevole perché se ne conoscono le reazioni. Lo stesso carbonio con cui sono costruite le barche serve per realizzare una cellula di sicurezza dove il pilota è protetto. Questa strada di questa tecnica è sicuramente impervia, criticabile, soprattutto perchè sul piano emotivo una morte, oltre tutto così mal gestita, pesa e peserà ancora molto. Qualcosa però di questo nuovo mondo resterà. I kiwi hanno imparato la lezione: hanno costruito una barca che non gli piaceva, per vincere e cambiare le regole. Anche la poesia di un equipaggio condotto da un uomo di sport vero come Grant Dalton (che la sua velocità non sia casuale?), che ricordiamo agli smemorati ha vinto un giro del mondo in catamarano con un prosciutto nascosto nell’albero da Stefano Rizzi. Dalton, manager a terra e grinder in volo, è un simbolo di come si possono ottenere i risultati, di come si costruisce una squadra vincente soldi o non soldi. La vittoria, come la mediocrità, sono un metodo di vita, un driver che cala in ogni squadra, un carattere. Per i kiwi, comunque vada a finire, vincere è una professione che si pratica con una grammatica di eventi e desideri che sono molto lontani dalla vela come la conosciamo in occidente, tutta aperitivi e mondanità. Certo esistono anche quelle cose li, ma non sono la sostanza. Comunque vada ci ricorderemo di questa Coppa, cercheremo di capire quanto Oracle abbia aiutato Artemis dentro e fuori dalla sala Giuria, così come Luna Rossa non sia veloce quanto New Zealand. Ma un ricordo forte sui libri ci sarà. E questa è Coppa America.
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Nel 2007 la Coppa torna in Europa a Valencia. Alinghi si...27 Febbraio 2024 - 02:15
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Ciao Raul23 Luglio 2018 - 09:15
- Toh, altra "stranezza". Il Regatta Director della 34esima...19 Dicembre 2014 - 13:54 da Mario
- Ma voi ce la fate ad aspettare fino al 2017? :)13 Novembre 2014 - 12:40 da Marika
- Ma guarda un pò che strano, i due Challenge of Record scelti...21 Luglio 2014 - 07:15 da Mario
- Per partecipare ancora alla Coppa non bisogna solo buttarcisi...30 Settembre 2013 - 22:11 da Antonio Vettese



