Gli inglesi tentennano e non lanciano una nuova sfida. Così è il Sydney Yacht Squadron a lanciare la sua. Allora non esistevano regate di selezione sfidanti, volute solo anni dopo dal barone Bich, e dunque il New York Yacht Club accetta lo sfidante. Ma promette di accogliere subito dopo, se riuscirà a difendere con successo la Coppa, quella del Royal Thames Yacht Club, che stava per essere lanciata e dà l’indicazione al club sfidante di accoglierla in caso di sua vittoria. È un esempio di singolare fair play ma è anche il primo sintomo di come le cose stanno per ribaltarsi: fino a quel momento infatti le selezioni erano state tra i defender, sempre numerosi, ma non tra gli sfidanti che iniziano invece ad aumentare di numero in maniera significativa. Il New York Yacht Club per difendere la Coppa sceglie Wheaterly disegnato da Philip Rhodes e costruito per l’edizione precedente ma ampiamente rimaneggiato. Non è rapidissimo ma viene comunque preferito a Nefertiti, Columbia e a Easterner. Lo skipper è Emil Bus Mosbacher, un uomo che in seguito diventerà capo del Protocollo del Governo Nixon rivestendo anche diverse altre cariche politiche. L’avversario australiano è Gretel, voluta dal magnate Frank Packer e affidata allo skipper Alexander Sturrock. Il disegno di Alan Payne è sottoposto a prove in vasca e a confronti con la vecchia e velocissima Vim. La barca corre forte, tuttavia gli americani sono più bravi ad amministrare tanti piccoli particolari e difendono con successo la Coppa vincendo per 4 a 1. Il timoniere è molto bravo, e a bordo della barca americana ci sono sei velisti che hanno vinto nel 58.
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Il Golfo protesta: a parole le World Series della America’s Cup sono un grande spettacolo per la città di Napoli, che la porta lontano dall’immagine legata alle montagne di spazzatura che periodicamente la invadono, sintomo di un malessere molto profondo. Partecipano i grandi della vela: ieri sotto un cielo grigio e piovoso hanno vinto James Spithill con Oracle e Dean Barker con Emirates Team New Zealand. Luna Rossa ha debuttato per la quarta sfida di Patrizio Bertelli (solo il barone Bich, Aland Bond e Thomas Lipton hanno fatto quanto lui) finendo a centro classifica, con le sue due barche Piranha e Swordfish portate dai giovanissimi Chris Draper e Paul Campbell James, nomi che dovremo imparare nei prossimi mesi. L’eccitazione, i saluti sono quelli soliti della Coppa America. Ma dopo la prima impressione e il piacere di ritrovarsi in famiglia ci ripensi cominci a riflettere sul fatto che siamo tanto sul virtuale e poco sull’evento. Dovrebbe essere un circuito di preparazione alla Coppa, un amplificatore di interesse per la vela, ma lo è davvero? Insomma, non tutto quello che si vede in acqua è quello che era stato promesso sul depliant, fin dalle prime conferenze di presentazione della Nuova Coppa. La scelta di usare i catamarani (adesso gli AC 45 lunghi tredici metri, a San Francisco nel 2013 gli Ac 72 da ventuno metri) ha fatto fare un salto di generazione a equipaggi e spettacolo, però mancano quella decina di eventi promessi per quest’anno e i dieci veri sfidanti di cui si favoleggiava. Quelli veri che saranno nelle Louis Vuitton Cup (regata selezione sfidanti) l’anno prossimo sono solo tre: Emirates Team New Zealand, Luna Rossa e Artemis. Da anni il massimo trofeo velico non era così depresso. Gli organizzatori americani sono partiti con grandi ambizioni ma il licenziamento di Richard Worth (inventore della Champions League) che doveva farne il più grande evento della vela di tutti i tempi dichiara il loro insuccesso. E’ colpa della crisi mondiale? Non solo, il programma era troppo ambizioso e costruito con poco realismo sulla capacità del mercato pubblicitario di assecondare il nuovo formato e le continue incertezze sul programma. Da qui in poi non può succedere molto: ai tre sfidanti si aggiungono alcuni partecipanti al circuito degli Ac 45 come il francese Energy Team, o Team Korea o ancora China Team. I cat sono belli da vedere, complicati da usare, uno degli esempi più concreti di come si debba andare in barca con doti atletiche e tecniche (non hanno strumenti elettronici) e fare spettacolo: le immagini da bordo sono fantastiche. Per questo meritano una sufficienza di incoraggiamento. Napoli è il primo dei quattro eventi dell’anno: gli altri saranno Venezia,San Francisco e Newport. Per questioni di budget il programma è stato ristretto, come (si dice) sarà a Venezia: ogni giorno di regata costa caro, ma è costato caro anche alla città, per cui l’investimento non è cambiato. Altri problemi? La produzione televisiva rinuncerà alla parte migliore, quella delle match race finali per non dover alzare in volo due elicotteri. La domanda resta: questa è vera Coppa America?
La prossima Coppa America, la edizione numero 34 sarà corsa con delle nuove barche rivoluzionarie. Catamarani di quasi ventidue metri, con vela alare e undici uomini di equipaggio. La data della prossima edizione è il 2013, probabilmente settembre, mentre resta incerta la sede: potrebbe anche essere in Italia, perché c’è un interesse a rimanere legati al mercato europeo e soprattutto la maggior parte degli sfidanti potrebbe venire dall’Europa. La Coppa in Italia, almeno la possibilità di un evento importante. Quello che una volta era l’evento unico, cioè selezioni sfidanti e Coppa, potrebbe essere addirittura diviso e le selezioni sfidanti potrebbero essere in Italia con la Coppa a San Francisco dove Larry Ellison vorrebbe giustamente essere protagonista.
I presidenti dei club coinvolti, perché la Coppa formalmente resta una sfida tra club, hanno firmato il Protocollo in una versione definitiva e leggermente modificata rispetto a quella che era circolata tempo fa: per il Golden Gate Yacht Club il commodoro Marcus Young e per il Club Nautico Roma Claudio Gorrelli. La scelta fatta sorprende molti velisti, che si sentono legati al monoscafo e che lo ritengono l’unica barca per correre le match race. “Ci abbiamo pensato – ha detto Russell Coutts ceo di BmwOracle – ma non è così. Studiando un nuovo percorso che da meno importanza alla partenza e più al percorso possiamo stimolare i sorpassi, rendere tutto più spettacolare. Vogliamo riconnettere la leggenda al pubblico e ai giovani”. L’anno prossimo ci saranno tre eventi con una nuova classe di barche, sempre catamarani con vela alare ma di 45 piedi e “monotipi” cioè tutti uguali che dopo questi eventi saranno usati per un evento dedicato ai giovani. “vogliamo vedere le nuove generazioni – ha aggiunto Coutts – di velisti e di spettatori”. Grande attenzione ai media, alla televisione, a come il modo di comunicare si evolve con telefoni e altro. Dice Vincenzo Onorato, che attraverso il Club Nautico Roma è il Challenger of Record (primo degli sfidanti) “è il Protocollo più leale che sia mai stato scritto abbiamo lavorato tanto e lo faremo ancora nei prossimi mesi”. In tutto il mondo si sta lavorando per allestire i team che possono partecipare. Il termine per le tasse di iscrizione sono stati spostati al prossimo aprile, che significa più tempo per lavorare e cercare i denari che servono. Il primo catamarano con vela alare che si è visto in Coppa America è lo Stars & Stripes di Dennis Conner che ha vinto l’edizione del 1988. Era stata una sorpresa ma già allora si era visto quanto quel la barca poteva essere più rapida e spettacolare del monoscafo. Ma allora era troppo presto per un passo del genere. Si dovevano abbandonare i 12 metri Stazza Internazionale, dove anche la plastica era considerata una novità intollerabile.
Per il team di Bmw Oracle è stata una estate di test per mettere a punto il nuovo formato della Coppa America. Russel Coutts, il capo assoluto del sindacato di Larry Ellison, ha allestito gli “evaluation trials”: in sostanza ha riempito di telecamere due catamarani modello Extreme 40 e due monoscafi RC 44 e li ha fatti correre registrando tutte le immagini possibili. Il risultato è molto interessante. Tutto molto diverso da quando, per non svelare segreti, in gran parte segreti di Pulcinella (insomma cose che sanno tutti ma che non si devono dire) gli skipper si accanivano a dire che non si potevano avere telecamere a bordo. Spettacolo e televisione saranno un must irrinunciabile, a sentire gli americani. E c’è da credergli, vista la dipendenza al media, alle immagini vogliono dare una priorità assoluta anche nei confronti di altri media.
Gli esperimenti non devono servire solo a mettere a punto il sistema di ripresa ma a scegliere che barca usare: monoscafo o multiscafo? Il giornalista neozelandese Peter Montgomery ha comunicato la notizia che gli americani avrebbero deciso di usare i catamarani e di fare la Coppa America a La Maddalena. Coutts ha poi detto che la notizia è parzialmente vera”: la parte vera sarebbe quella relativa la multiscafo che, si è capito, gli piace molto e visto che le regate de La Maddalena non hanno lasciato un buon ricordo e anzi messo in evidenza molte contraddizioni. Lui stesso non ci è rimasto più che un paio di giorni. E poi si è visto James Spithill partecipare alle regate organizzate dal New York Yacht Club con i piccoli catamarani della Classe C, con vela alare, e vincere regate con una barca presa a prestito dai canadesi Fred Eaton e Magnus Clarke. L’anticipazione, che tanti velisti danno per certa, è più o meno questa: catamarano smontabile da 73 piedi, ala rigida, otto persone di equipaggio .L’anno prossimo otto eventi con gli Extreme 40, leggermente modificati a prua e dotati di ala rigida “one design”. La rivoluzione, se nella conferenza stampa del 13 settembra a Valencia sarà confermato, è servita. A molti non piace, ma c’è del buono: la velocità. Una barca del genere è in grado di andare due volte la velocità del vento o più. I costi sono comparabili e forse inferiori a quelli del monoscafo, che comunque richiederebbe molto equipaggio in più. La lezione di Stars & Stripes 88, più che quella di Bmw Oracle è servita. Tempi? Quella volta, cioè nell’88 con le risorse di allora, per costruire l’ala vincente (più complessa di quella di Bmw Oracle) bastarono quattro mesi. La barca sul piano strutturale è perfino più semplice del monoscafo, più leggera e con una immersione che può essere poco più di un metro: per correre nelle lagune e vicino a terra.
Dove si correrà? Sembra che le proposte fatte a Italia e Spagna siano solo provocazioni al Governo della California per alzare il prezzo, infatti la politica america ha detto che vorrebbe le regate a San Francisco per non perdere il forte indotto creato dall’evento, che è stato valutato nella bella somma di un miliardo e 400 mila dollari, e la città del Golden Gate è considerata l’unica sede possibile in America dopo che si era parlato a lungo di Newport, per molti anni la sede storica delle difese del New York Yacht Club. Gli ambientalisti vogliono però delle garanzie che la Coppa sia un evento non inquinante o meglio che ospitarla non serva ad abbassare la guardia sul problema ambientale visto il traffico commerciale di San Francisco fatto di grandi navi, potenzialmente inquinante.
Il prossimo evento cui partecipano i team sarà il Louis Vuitton Trophy Dubai in novembre, i protagonisti quelli, più o meno de La Maddalena. L’evento successivo, quello che doveva essere a Hong Kong, è stato cancellato: troppe difficoltà con le autorità locali, potenziali sponsor e anche la considerazione, motivo diventato ufficiale, che i team si stanno ormai concentrando sulla Coppa America e presto dedicheranno tutte le risorse a quell’obiettivo.
Al momento dei numerosi sindacati italiani che avevano manifestato le intenzioni di partecipare resta vivo solo il Challenger of Record Mascalzone Latino di Vincenzo Onorato. Patrizio Bertelli ha fermato le operazioni per la quarta Luna Rossa e purtroppo la sua scelta sembra definitiva. Per La Maddalena aveva allestito uno squadrone con molti vincitori che purtroppo non ha saputo esprimersi come poteva. Non buone le notizie che arrivano dal campo di Azzurra, che sembra in crisi di personalità dopo un avvio veloce e convincente. E’ un peccato che due nomi storici non siano sul palcoscenico della Nuova Coppa America, un evento studiato per attirare spettacolo e sponsor, ma un solo sindacato può servire a concentrare gli sforzi e le energie disponibili.
Il primo documento ufficiale per la prossima Coppa America è finalmente disponibile: si chiama “The Protocol Governing the 34th America’s Cup”. Il Golden Gate Yacht Club, il club cui fa riferimento il recente vincitore della Coppa America Larry Ellison, ne ha pubblicato una prima versione provvisoria sul suo sito internet con la promessa che il 31 agosto ci sarà quella definitiva. Ma tutti giurano che al massimo ne saranno cambiate dieci parole. Gli avvocati americani hanno prodotto 56 pagine di regole e regolette per assicurare una sfida “fair” ovvero equa e sportiva. Si può leggere su www.ggyc.com. Sembra scritto per chi è quasi pronto alla sfida, cioè pochi eletti: si incomincia a regatare nel 2011 con gli eventi organizzati da WSTA, la associazione dei sindacati che ha organizzato le regate de La Maddalena, si finisce nel 2013 prima della Coppa vera propria, la cui data non è svelata ma che potrebbe essere nel settembre californiano, visto che in quell’anno sono previsti solo due eventi. Tassa di iscrizione di un milione e mezzo di dollari, performance bond (un deposito che viene perduto se non si partecipa) di tre. Ma eventuali guadagni per la gestione delle regate, per sponsorizzazioni e diritti vari, divisi tra i team. Matteo De Nora, che ha un ruolo centrale in Team New Zealand lo considera “un buon documento di partenza”, che mantiene le promesse fatte, soprattutto l’indipendenza di chi fisicamente organizza le regate e del Comitato.
Ci sono dei provvedimenti per limitare, almeno nelle intenzioni, i costi. Sono infatti limitati gli allenamenti con due barche, i famosi speed test, e in generale i periodi di navigazione. La voce equipaggio è infatti una delle più costose in una campagna di Coppa: ma non è detto che per avere i più forti a bordo i sindacati non siano spinti a spendere molto e poi chi accetterà un contratto che non è a tempo pieno? Cosa fa l’equipaggio pagato quando non può navigare? Forse costruisce la barca… Ma si intuisce che un budget di “partenza” sarà sui 50 milioni di dollari e uno per raggiungere i massimi livelli attorno ai cento. Più o meno come nel 2007. Sono molti soldi. In concreto se davvero Coutts avesse voluto ridurre i costi avrebbe potuto rinunciare agli eventi del 2011, dove a quanto pare bisogna essere presenti con una barca vecchia da comprare o noleggiare. A prima vista uno show inutile che toglie energie alla vera competizione, perchè per essere presenti sui campi bisognerà dedicare energie e risorse economiche. Una stagione tra 3/4 milioni tra acquisizione barca e gestione. Che serviranno appena per l’amalgama dell’equipaggio. E’ il tentativo di avvicinare la vela alla Formula Uno, ma ha senso dopo la costruzione delle nuove barche. O lo ha se si costruiscono quattro o cinque barche uguali che vengono messe a disposizione dei team con lo schema attuale del Louis Vuitton Trophy.
In settembre dovrebbe arrivare la decisione per le regole che definiscono la barca, quasi certamente un monoscafo di ventisette metri che naviga di bolina a velocità simili alle vecchie e in poppa molto più rapidamente. Poco dopo finalmente data e luogo della Coppa: a quanto pare con San Francisco restano in corsa Valencia e a sorpresa La Maddalena nonostante le polemiche politiche e sportive che sono seguite.
Quello che succede, purtroppo, è che dopo gli entusiasmi che davano per quasi sicure tre partecipazioni italiane Luna Rossa e Azzurra sembrano aver fermato la loro corsa: Patrizio Bertelli sembra avere dei ripensamenti mentre ad Azzurra non è bastato un avvio deciso per trovare i fondi che servono. In Italia resta il Challenger of Record Mascalzone Latino, si affaccia un team di modesta credibilità che per il momento ha solo registrato un marchio e si chiama Venezia Challenge, subito bollato da Valencia Sailing come un ballon d’essai senza denaro. Sembra prendere senza titoli l’eredità del Moro di Venezia, i cui eredi si guardano bene dallo sposare quella avventura o altre per rispetto di quella vera. Insomma, difficile che proprio quel leone torni a ruggire.
L’italico panorama passa insomma dal troppo al niente: resta aperta l’opzione de Angelis, si sa che l’ex skipper di Luna Rossa sta lavorando per un team o forse per essere “race director” delle prossime regate di Coppa e gli eventi precedenti, un posto di responsabilità che potrebbe essere interessante anche se è prevedibile una ressa di velisti “anglosassoni” i fila per quel posto.
Il timoniere su cui puntano, puntavano tutti è Francesco Bruni: età giusta, determinazione. Lo vogliono i kiwi per allenare Dean Barker, lo voleva Luna Rossa prima di fermare le macchine (ma poi saranno davvero ferme?) è indicato come uno dei pochi della generazione giusta e con l’esperienza giusta. Le sue azioni sono alte… ma a quanto pare manca il team che lo possa sostenere: speriamo non sia costretto a migrare all’estero per correre. Ma se facciamo due più due finisce con Onorato. Non male per lo sfidante.
I dieci team che sono schierati a La Maddalena sono i potenziali protagonisti della Coppa America numero 34. Sono un defender e dieci sfidanti: su All4One infatti navigano due equipggi che dividono le poche risorse e i molti talenti. Il defender BMW Oracle è partito male e finito peggio: doveva essere il protagonista ma è già escluso. Forse pesano i troppi festeggiamenti, i mesi passati a bordo del trimarano. D’altra parte si dimostra che hanno un vantaggio i team che hanno partecipato agli eventi di Nizza e Auckland. Squadre che sono cresciute molto. La prima fra tutte è Artemis, la barca svedese voluta da Paul Cayard, che da Nizza ha subito una totale trasformazione. A La Maddalena si dimostra quella più sicura, padrona del campo. Più lucida di Emirates Team New Zealand, Mascalzone Latino, All4One. Mascalzone e il suo team sono in grado di navigare bene, le altre due italiane meno. Azzurra nelle acque di casa, anche se la Costa Smeralda si può nominare appena, ha mostrato qualche smagliatura, ma attenzione ai facili giudizi, sono gli altri in crescita più che lei in calo. Luna Rossa paga la novità: lo squadrone è forte, ma da sintonizzare, da mettere insieme. Non bastano i quattro velisti italiani che hanno vinto la Coppa America a bordo (Plazzi, De Mari, Rapetti e Mazza) le nove medaglie che si sommano tra Grael e Scheidt e il timoniere di Alinghi. Ricette? Programmi e denaro. Per alcuni team c’è di sottofondo una (ma loro lo sanno bene) mancanza di obiettivi organici, o la speranza di far le nozze con i fichi secchi, confidando in entusiasmi e giovani. D’altra parte senza Protocollo e regole è tutto un poco più complesso. Mascalzone e Luna Rossa sanno che faranno la Coppa, la campagna acquisti in pieno svolgimento. Per Azzurra la situazione è più incerta, non si percepisce una autentica propulsione verso la Coppa. Cosa definisce un team che vuole partecipare alla Coppa da uno che si limita a partecipare agli eventi del Louis Vuitton Trophy nella speranza che uno sponsor cada nella rete e finanzi l’avventura? Facile: chi ha scelto un progettista o almeno un responsabile tecnico serio vuole fare la Coppa America. Per il momento questi nomi sono pochissimi. Chi si è mosso bene è TeamOrigin che ha chiamato Grant Simmer, il responsabile del coordinamento del progetto di Alinghi. La squadra inglese con un professionista del genere è forte. Questo è anche il sintomo che Ernesto Bertarelli ha “mollato il colpo”: Ed Baird con Luna Rossa, Simmer con TeamORigin, Vroljik conteso tra Luna Rossa e, forse, Azzurra. E Brad Butterworth? Si attende il ritorno della magica coppia Coutts Butterworth, oppure potrebbe arrivare anche lui dalle parti di Luna Rossa: il legame esiste. Grande amico di Matteo Plazzi (con cui ha fatto un giro del mondo su Winston) potrebbe dare un apporto concreto al team. Sono settimane importanti per la Coppa e manca un ingrediente fondamentale, che poi era la premessa delle buone intenzioni di Coutts e Onorato. Qui a La Maddalena manca una vera azione di “mediazione”. Le gerarchie e le relazioni tra Defender, Challenger, WSTA e Louis Vuitton sono confuse. L’associazione degli armatori (WSTA) è stata creata proprio per gestire la Coppa in caso di vittoria di BMW Oracle, ma non sembra che tutto debba andare in quella precisa direzione. BMW Oracle non ha voluto riparare di gran carriera le sue barche rotte da Bertrand Pace, sintomo forse di una presa di distanza dall’evento. Ma la domanda è: presa di distanza dall’associazione o dalla maison francese? Provate a rispondere, tenendo però conto che la Coppa America arriverà sabato per essere visibile al pubblico.
La presenza della America’s Cup a Auckland, portata in braccio da Tom Ehman, e i numerosi incontri che si sono succeduti tra Russel Coutts, Paul Cayard, Bruno Troblé, Alessandra Pandarese, stanno portando rapidamente verso il formato della nuova Coppa America, edizione 34. Intanto il luogo: con ogni probabilità San Francisco. Larry Ellison è totalmente attratto dal fare la Coppa nella sua città, anche se ci sono difficoltà notevoli da affrontare per trovare un campo di regata abbastanza grande per le nuove barche che saranno piuttosto veloci. Poi la data: si sta viaggiando verso il maggio 2014 con un sostanzioso programma di eventi, simili al Trophy, che precedono la Coppa. Non sembra, ma il 2014 è dietro l’angolo se si vuole sviluppare una nuova classe. L’ipotesi del 2013 non è ancora del tutto tramonatata ma sembra meno praticabile. La nuova Coppa sarà con nuove barche, sembra ormai impossibile tornare indietro a vedere di nuovo in acqua gli Iacc, che saranno certamente ancora buoni per gli eventi del 2011. Per gli eventi del 2012 potrebbero scendere in acqua quattro barche uguali disegnate sulla nuova regola, una sorta di prima generazione che consentirebbe ai sindacati di fare esperienza. Non è una cattiva idea, riduce certamente i costi per i team e non svela carte segrete dei designer.
Quali barche? Russell Coutts ha un’idea precisa: degli RC 44 ingranditi. Le barche che ha disegnato per il suo circuito sono molto divertenti: rapide in bolina in poppa planano facilmente fino a velocità di diciotto venti nodi. Sono lunghe circa tredici metri e pesano tremilacinquecento chili. Grandi ottanta piedi potrebbero pesare tra quattrodici tonnellate e diciotto. La metà degli Iacc, le velocità di bolina potrebbero essere poco inferiori ma in poppa sarebbero dei missili per un nuovo formato di match racing. Qualcuno propone due alberi: uno corto da vento e uno da bonaccia con tanta vela.
Poi lo spattecolo: regate e barche televisive, con telecamere montate fin dalla costruzione sulle barche e tempi certi di regata. Si dice partenza alle dieci: il telecronista deve essere in grado di fare la regata. Al Louis Vuitton Trophy con il bordo poco più lungo di un miglio le regate durano poco più di 45 minuti, più o meno con qualsiasi vento. La scommessa di Ellison è nella diffusione del messaggio e della vela…. se non ci riesce lui davvero non abbiamo idea di chi possa farlo.
Entro fine marzo si dovrebbe avere una prima infarinatura su cosa sarà il prossimo Protocollo. Si sa che dovrebbe prevedere un organismo autonomo per l’organizzazione delle regate, gestito da manager condivisi tra Defender, Challenger of Record e Cahllenger Commission, un organismo che Alinghi ha sempre cercato di non avere tra i piedi. Ci sarà la Louis Vuitton Cup come trofeo per la selezione degli sfidanti, il defender incontrerà i challenger negli eventi preliminari ma non nella regata di selezione. I challenger saranno comunque obbligati a partecipare agli eventi e non potranno accampare scuse che è tempo perso per gli equipaggi.
Nelle foto gli RC 44, la nuova barca potrebbe concretamente assomigliare alla nuova cui stanno pensando.
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