La Coppa America numero 34 è finalmente finita. Hanno vinto gli americani, ha vinto Oracle che ha fatto il miracolo di rimontare un punteggio impossibile per concludere 9 a 8, risultato inaspettato solo qualche giorno fa. Ha vinto ieri notte l’ultima combattuta regata, il distacco e la cronaca non hanno ormai nessuna importanza. Soprattutto, vale dire che sono stati più veloci di bolina sempre e comunque, che si può usare la parola incontenibili. E’ finita nel modo più crudele per Dean Barker e compagni di Emirates Team New Zealand, che hanno sentito a lungo odor di vittoria, anzi era praticamente in tasca. Larry Ellison, il miliardario terzo uomo più ricco del mondo (fa sempre una certa impressione pensarlo) gongola sul podio, alza l’antico trofeo al cielo,  pensa di aver speso bene i suoi 200 milioni di dollari. Ancora una volta ha dimostrato che i soldi contano, perché sono stati il carburante per i grandi talenti che ha messo assieme. La vittoria kiwi sarebbe stata più romantica, forse più giusta anche per come va il mondo. Ma la Coppa non fa sconti.
Quel che è successo sul campo di San Francisco ha qualcosa di magico, di mai visto prima in 162 anni di storia della Coppa che da oggi abbandona l’era antica. La capacità di Oracle di rinnovare il suo team, le prestazioni della barca sono state una dimostrazione di abilità, offuscato da qualche ombra per l’amaro lasciato in bocca dalle modifiche non legali agli AC 45 per cui sono stati sanzionati. Al momento non è il caso di perdersi nella dietrologia sulla legalità della barca, la loro velocità di bolina era qualcosa di veramente spettacolare. Così come purtroppo lo è stato il declino inarrestabile di New Zealand, che giorno per giorno ha subito la pressione di un equipaggio che ha sventolato la bandiera di Ben Ainslie usandolo come vela da tempesta, pilastro di tattica e furbizia. James Spithill è un pugile , un timoniere alla seconda vittoria della Coppa, ma Ben in qualche modo è l’eroe di questa impresa, perché salito a bordo in un ruolo non suo e subito ha saputo imporre un ritmo diverso alla barca e agli uomini. Ben che poteva anche essere nel campo avverso: nel 2005 era entrato come tattico titolare in New Zealand, ma preferì diventare il timoniere di barca due “perché devo imparare a timonare e il match race”. Ben che non era a bordo nel primo equipaggio, che ha sostituito il frigido John Kostecki, campione vero ma mai assoluto quanto lui. Due cognomi italiani a bordo di Oracle: Shannon Falcone, padre italiano passaporto di Antigua e Gillo Nobili, passaporto italiano e felicità alle stelle. La sconfitta di New Zealand è anche troppo punitiva e crudele: per una settimana hanno avuto in mano la Coppa, hanno sognato e preparato il futuro dell’evento, hanno interpretato il loro ruolo di nazionale della vela. I grandi sconfitti sono Grant Dalton e Dean Barker, che hanno cercato di seguire un altra coppia famosa sul viale del successo: Peter Blake e Russell Coutts, i trionfatori del 95. Ma contro di loro c’era un’America debole, divisa, senza il portafoglio aperto di Ellison. Per loro la sconfitta è molto difficile da digerire. Dean ha pianto come un bambino dopo il traguardo, Dalton non lo dice, ma piange dentro. Torneranno? Tornerà lo squadrone kiwi? Chissa. La corazzata invisibile Matteo De Nora ha riaffermato tutta la sue ammirazione e fiducia negli uomini. Ma non basta. Errori nel campo neozelandese? Chissà forse un giorno sapremo. Uno su tutti: quello di aver reso pubblica la scoperta del foiling (il modo di navigare sollevandosi sull’acqua) troppo presto, per Oracle è stato un inseguimento continuo ma vincente grazie alle risorse senza limiti. “Abbiamo combattuto ogni giorno – ha detto Spithill – e abbiamo vinto”. Facile, a parole.
Dean è sconsolato: “abbiamo vinto l’ultima partenza ci abbiamo sperato, ma non è stato possibile competere con la velocità di Oracle. Il loro miglioramento è stato incredibile. Siamo orgogliosi del nostro team, abbiamo cercato di riportare la Coppa in Nuova Zelanda, non ci siamo riusciti”. Per quante notti rivedrà il cronometro correre in quella regata interrotta a pochi minuti dall’arrivo, la regata della vittoria. Grant Dalton commenta: “la nazione è devastata”, giorni di scuole chiuse, record di audience, i primi effetti si sentono in Borsa, con il crollo delle azioni di Air New Zealand.   Differenze tecniche, si ci sono: ala diversa, Oracle ha la parte anteriore rigida mentre quella di Emirates Team New Zealand può twistare. Oracle ha scafi più piccoli, meno voluminosi. Oracle non ha la struttura con i tiranti che consente a Emirates una maggiore rigidità, ma in compenso le traverse tradizionali oppongono meno resistenza al vento e questa, assieme al controllo con controllo elettronico delle derive (manuale per i kiwi)  può essere stata la vera differenza, che consentiva una grande stabilità a Oracle in ogni situazione.
Il futuro è incerto: chi è il Challenger of Record? Ellison ha dichiarato che esiste ma lo comunicherà più avanti. La scelta, potrebbe essere tra il Royal Cornwall Yacht Club per un sindacato condotto da Ben Ainslie con sponsor JP Morgan oppure il Royal Swedish Yacht Club per Artemis di Torbjörn Törnqvist che ha già messo a contratto Iain Percy. Bertelli aveva le carte pronte per la sfida del Circolo Vela Sicilia al Royal New Zealand Yacht Squadron, ha sempre detto che non gli interessava farlo con gli americani. Però.. ci ha abituato alle sorprese. Quasi certamente resterà questa formula di regata, con dei catamarani foiling, lunghi 60 piedi.

Si corre a Newport e gli americani schierano una grande novità.  Si chiama Intrepid, è disegnato da Olin Stephens e raccoglie i frutti della maturazione del grande progettista che mette in acqua una barca carica di novità, che non a caso riuscirà a difendere la Coppa con successo per due edizioni. La novità più grande è che per la prima volta il timone si separa dalla chiglia, un’idea che aveva già provato Dick Carter su alcuni ocean racer. In questo modo il controllo della direzionalità della barca e le manovre per il “match racing” sono molto più facili. Dietro la pinna di deriva resta una pala più piccola che diventa un “trim” ovvero lo  strumento per rendere asimmetrico e quindi più efficiente il profilo. Dello studio newyorkese fa parte anche l’italiano Mario Tarabocchia, che resterà per molti anni una colonna portante.
Olin inoltre costringe sette persone dell’equipaggio a lavorare sottocoperta, dove colloca gran parte dei verricelli e dei coffee grinder. Dall’esterno quando naviga di bolina la barca sembra deserta, si scorgono solo tre persone che si muovono: timoniere, tattico, tailer. Qualche volta compare il prodiere. Nel tempo questo modo di impiegare l’equipaggio verrà impedito dai regolamenti.
Gli sfidanti sono gli australiani: da Sydney arriva Dame Pattie dell’armatore Emil Christensen timonato da John Sturrock e disegnato da Warwick Hood. Gli australiani issano vele realizzate con un materiale che chiamano kadron: non funziona bene quanto il dacron di Ted Hood. Così il confronto è impari e Bus Mosbacher conduce Intrepid senza troppi problemi verso il quattro a zero. Intrepid si esprime in boline impressionanti, frutto delle linee di carena ma anche delle vele americane.

L’unica regata della ottava giornata del Louis Vuitton Trophy è il “re-sail” dell’incontro tra Emirates Team New Zelaand e BMW Oracle, raccomandato dalla Giuria al Comitato dopo le decisioni seguite alla penalizzazione della barca neozelandese per tensione insufficinete dello strallo di prua.

Oggi per la barca neozelandese era importante vincere, utile a rimanere in testa alla classifica con cinque punti come Synergy e Artemis. Per quella americana altrettanto importante: lotta per la salvezza. Lotta per non finire tra i due esclusi dal round robin, che sarebbe una posizione molto scomoda per i Defender della Coppa America.

Si parte presto al mattino, con il vento che comincia a soffiare con una certa decisione: le previsioni sono chiare e Peter Reggio vuole disputare più prove possibile prima che il Mistral, il vento che arriva dal Golfo del Leone e spazza il Tirreno, diventi troppo forte.

La partenza è sostanzialmente a favore della squadra neozelandese, che naviga sulla sinistra del campo e guadagna presto acqua. Alla fine della bolina le due barche sono vicine, molto vicine, ma i kiwi passano la boa con qualche secondo di vantaggio. Nella poppa una bella battaglia, ravvicinata e spettacolare, finisce a favore della barca kiwi che gira in testa e sembra allungarsi bene ancora una volta verso sinistra lungo la bolina. Gli americani però si fanno pericolosi, Dean Barker si difende e in una manovra di “dial up” molto vicina alla boa guadagna una penalità a suo favore. BMW Oracle la esegue troppo vicino alla boa ed  è costretta dagli Umpire a rifarla appena inizia la poppa.

Da lì in poi per i kiwi è una cavalcata solitaria per la barca neozelandese che conquista il suo quinto punto e si installa in testa alla classifica. 

Subito dopo il Comitato di regata presieduto da Peter “Luigi” Reggio decide di rimandare a casa le barche perchè il maestrale comincia a essere troppo forte. Le previsioni del tempo sono cattive per tutto il pomeriggio e almeno per domani mattina: il vento potrà raggiungere i 40 nodi. Poco dopo il rientro a terra viene presa la decisione di rinunciare alle regate di domani e concedere ai team un giorno di riposo dopo il programma estenuante, anche se spettacolare, dei giorni scorsi.

Classifica provvisoria

1)  Artemis, 5-2, 5 punti
1)  Emirates Team New Zealand, 5-2, 5 punti
1)  Synergy Russian Sailing Team, 5-4, 5 punti
4)  TEAMORIGIN, 4-3, 4 punti
4)  All4One, 4-3, 4 punti
6)  Mascalzone Latino Audi Team, 4-1, 3 punti *

6)  Azzurra, 3-4, 3 punti

8)  Luna Rossa, 2-6, 2 punti
9)  BMW Oracle Racing Team, 1-6, 1 punti
10) ALEPH Sailing Team, 2-4, -2 punti *

* Punti dedotti per intervento della Giuria/Comitato

La giornata comincia con l’incertezza del vento, quando il Comitato chiama in mare la barche è ormai ora di pranzo e il programma è in ritardo di qualche ora. Del resto la notte è stata lunga, con la bella festa, il “beach party” che Louis Vuitton ha voluto a Cala Trinita e ha tenuto impegnati gli equipaggi fino a tardi: prima stregati dallo spettacolo di un magico tramonto sulle Bocche di Bonifacio e poi delle danze.

La prima coppia di equipaggi era quella formata da Luna Rossa e TeamOrigin. Per i primi quasi una lotta per la sopravvivenza, per i secondi una vittoria era importante per restare nelle parti alte della classifica dove regna Artemis. TeamOrigin, ben manovrata dal timoniere Ben Ainslie e dal tattico Iain Percy conquista subito la sinistra del campo che si rivela il lato favorito. Per Ed Baird e il suo equipaggio di veterani la partita è subito chiusa: gli inglesi conducono per tutta la regata, senza fatica, e vincono con un vantaggio di 37 secondi.

I due turni successivi toccano ad Azzurra, con due avversari importanti. Per la barca di Francesco Bruni e Tommaso Chieffi gli incontri sono contro Synergy, barca di bandiera russa ed equipaggio internazionale e Artemis.  Come nella regata precedente la vittoria si costruisce nelle primissime scelte e Azzurra decide bene: parte a sinistra come avevano fatto gli inglesi, poi decide di “scambiare” lato quando ha il vantaggio sufficiente a passare sulla destra del campo e gira la boa di bolina in vantaggio. Il vantaggio è poco, ma quel che basta a contenere il ritorno di Jablonski e la sua Synergy. Nella seconda bolina si lavora tanto per un “tacking duel” (un duello di virate) in cui si contano dodici cambi di bordo. Azzurra vince con 15 secondi di vantaggio.

Poco dopo la partenza della terza regata del giorno, Azzurra contro Artemis, la capo classifica. Si prova a partire una prima volta, poi il comitato si rende conto che il genoa di Artemis è sbagliato e richiama le barche. Nella partenza vera il timoniere di Artemis, l’americano Terry Hutchinson, controlla bene Bruni e gli somministra una penalità. Artemis e Azzurra restano sempre vicine, Azzurra passa in poppa ma il suo vantaggio non basta. Anzi lungo la bolina Artemis naviga meglio e passa di nuovo in testa. Insomma per gli italiani non ci sono possibilità ne di restituire la penalità ne di conquistare un vantaggio adeguato a eseguirla in tranquillità. Devono cedere ad Artemis che conquista il quinto punto.

Nel quarto match Artemis e Synergy sono un incontro al vertice: gli svedesi sembrano controllare bene gli avversari, ma al cancello di poppa compiono un errore di manovra e rompono il tangone, il gennaker si infila sotto la barca e si fermano mentre gli avversari sfilano di poppa e vanno a conquistare una vittoria importante.

Il programma si conclude con l’incontro tra Emirates Team New Zealand e All4One. Si corre questa quinta prova con l’anemometro che sfiora i venti nodi e crea qualche difficoltà agli equipaggi. La regata è presto detta: in partenza il timoniere della barca franco tedesca Sebastien Col controlla bene Dean Barker che entrava con la bandiera blu, le due barche si scambiano qualche favore sulla linea di partenza, ma All4One esce un po’ meglio. Lungo la bolina sulla barca neozelandese si apre un piccolo taglio sul genoa, fatto che limita le possibilità di virare: farlo potrebbe significare ingrandire lo strappo. I kiwi sono costretti a inseguire e nella poppa successiva si avvicinano un poco all’avversario ma non basta per cambiare le sorti della regata. All4One vince con un vantaggio di 21 secondi.

Classifica provvisoria

1)  Artemis, 5-2, 5 punti
1)  Synergy Russian Sailing Team, 5-4, 5 punti
2)  Emirates Team New Zealand, 4-2, 4 points

2)  All4One, 4-3, 4 punti

2)  TEAMORIGIN, 4-3, 4 punti
6)  Mascalzone Latino Audi Team, 4-1, 3 punti *
 

7)  Azzurra, 3-4, 3 punti

8)  Luna Rossa, 2-6, 2 punti
8)  BMW Oracle Racing Team, 2-5, 2 punti
10)  ALEPH Sailing Team, 2-4, -2 punti *

 *  Punti dedotti per intervento della Giuria/Comitato

I fatti contano più delle opinioni. E i numeri, più dei fatti. Le cifre le mette sul tavolo Stefano Zaghis, amministratore delegato della Mita di Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che sta trasformando la storica enclave militare dell’Arsenale della Maddalena, in un resort di lusso.

“Il nostro impegno è robusto” sottolinea Zaghis. “Ai 65 milioni di investimento se ne aggiungono 5 per la comunicazione e altrettanti per realizzare i lavori non completati dal G8. Il summit avrebbe dovuto essere il traghettatore di tutto l’arcipelago verso un’economia che mettesse a risorsa e valorizzasse le bellezze naturali della Maddalena, che segnasse il passaggio definitivo da un’economia dalla forte presenza dello stato a quella privata. Il G8, a seguito del terremoto in Abruzzo, è stato organizzato all’Aquila. L’unica cosa rimasta, di un evento che non c’è stato, è la riqualificazione del complesso dell’Arsenale. In concreto, la gara cui ha partecipato Mita Resort”.

Detta così, sembrerebbe facile e consequenziale.

“ Tutt’altro. Il 2009  è stato il peggiore dal 1929; 80 anni dopo il crollo di Wall Street la situazione finanziaria mondiale si è fatta complessa e difficile. La gara cui abbiamo partecipato si è innestata in un contesto turistico-alberghiero delicato. Le transazioni di resort e alberghi in area EMEA (Europa, Middle East, America) sono scese da 23 mila del 2007 a circa 8 mila del 2008 a 2500 del 2009.  Per dirla tutta: le multinazionali alberghiere hanno tirato i remi in barca. Noi ci abbiamo creduto avendo già nel Sud della Sardegna il Forte Village. Aggiungo che, grazie a un accordo con il gruppo Sansedoni apriremo un resort a Teulada, a un’ora da Forte Village. La bontà di un investimento sta anche nella lungimiranza del progetto che lo determina e la dottoressa  Marcegaglia ha deciso di impegnare risorse importanti per lanciare il turismo in Sardegna”.

Scansiamo i luoghi comuni. Passato, presente e futuro.

“La considerazione del contesto storico- sottolinea Zaghis- è ineludibile. Noi entriamo in un momento complesso nella vita dell’arcipelago che dopo 240 anni cambia realtà e prospettiva. La vocazione militare risale al 1767, quando i Sardo-Piemontesi conquistarono l’arcipelago sottraendolo ai Genovesi. Nel 1931, con all’apertura della Scuola Allievi Sottufficiali, la Maddalena aveva 12 mila abitanti e, forse, era l’unico luogo della Sardegna con le strade illuminate. La Marina Militare era il volano della sua economia e il benessere era diffuso. E’ sopraggiunta una progressiva emorragia: quasi mille maddalenini se ne sono andati mentre Olbia passava da 3 mila a 70 mila abitanti. L’altro evento importante, nel 1968, l’arrivo della base militare americana, abbandonata nel 2008,che ha generato altro indotto”.

Mettiamo insieme numeri e date?

“Comincio dalle seconde: tra aprile giugno 2011 saremo all’80 %; il 2012 saremo completamente a regime. I numeri? Il Marina avrà oltre 600 posti barca (sino ai megayacht da 120 metri) in vendita e in affitto per periodi medio-lunghi, un cantiere navale, magazzini. La Maddalena Hotel & Yacht Club, 95 camere e 6 suite. I due Garden Loft, complessivamente, 88 appartamenti. Il Marina Residence, 57 suite, Poi, ristoranti, Medical Spa, boutique di alta gamma, banca, supermercato. E l’Overwater Conference Center, un auditorium, da 500 posti”.

Zaghis sorride quando gli chiediamo cosa “pagherebbe” pur di avere avuto tutto pronto per il Louis Vuitton Trophy.

“ Ci hanno consegnato il complesso con sei mesi di ritardo, cui se ne aggiungono due per i noti fatti di cronaca. Così non fosse stato, la nostra nave sarebbe pronta. Ma come dice la nostra pubblicità, questo è il luogo del futuro. Confidiamo che il Louis Vuitton Trophy torni qui. L’accoglieremo nel modo migliore”

Donatello Bellomo

Gli allenamenti sono finiti: i dieci team in gara sono ormai pronti all’inizio del Louis Vuitton Trophy. Da sabato si comincia a fare sul serio. Domani il primo passo ufficiale: la cerimonia dell’alzabandiera sul pennone allestito vicino alle barche ormeggiate. Un momento di sapore particolare perché segna il ritorno alla vita di un luogo storico per la marineria: qui sono passate le navi della flotta di Horatio Nelson, incaricato del famoso blocco di Tolone dove era chiusa la flotta francese, è stata una base importante della Marina Militare Italiana a base di una flotta della Navy degli Stati Uniti. La cerimonia, aperta al pubblico, è in programma per domani alle 19. Ad alzare la bandiera saranno gli allievi della scuola sottufficiali di La Maddalena, accompagnati dai rappresentanti dei team. Subito dopo ci sarà la conferenza stampa degli skipper. Per La Maddalena dopo il Trophy si aprono nuove prospettive grazie alle nuove strutture alberghiere e al porto turistico che sarà il più grande della Sardegna del nord. L’iniziativa presa dalla Regione Sardegna e dal Governo fa un po discutere per le modalità. Tuttavia resta il fatto che anche La Maddalena in pochi anni ha visto scomparire una fonte di reddito notevole: con la partenza degli americani e della base militare si sono persi numerosi posti di lavoro che il diporto può re integrare. Se è vero, come scrivono molte statistiche, che ogni quattro posti barca c’è un posto di lavoro i settecento che sono previsti, di taglia grande possono essere almeno centocinquanta posti recuperati. Purtroppo si fatica sempre un po’ a vedere nel divertimento dei “Vip” una fonte di guadagno quanto lo sono le loro imprese. Tutto sommato fa molto più Robin Hood togliere denaro ai portafogli con le vacanze che contribuire alla produzione industriale, che di soldi ne fa guadagnare.
Per i team è finalmente il momento della verità. Antonio Marrai di Luna Rossa dice: “sono soddisfatto di quello che hanno fatto negli allenamenti. E’ stato tempo impiegato bene. Abbiamo cercato di ritrovare il team: in queste regate l’amalgama è molto importante, e siamo qui per capire se possiamo puntare a esperienze più importanti dopo questo evento. Ed Baird (il timoniere che era su Alinghi, adesso su Luna Rossa) è una persona intelligente, che sa capire le persone e sta lavorando bene ”.
Su Mascalzone Latino Audi Team un ritorno, quello di Alberto Barovier, uno dei prodieri più noti del grande circuito: “Il mio è un ritorno gradito – dice – lavorare con Oracle è stata un’esperienza incredibile ma correre sotto la propria bandiera è più gratificante. Mascalzone è un team nuovo con grandi possibilità per un futuro molto intenso”.
Gli fa eco Matteo Aguadro, prodiere di Azzurra: “In questi giorni ci siamo ritrovati bene. Sono state sessioni difficili in questi giorni di cattivo tempo: ha perfino preso la scossa con un lampo, toccando il tangone in manovra sotto il temporale. Il campo è difficile, tanto vento ma anche bonacce”.

L’organizzazione de La Maddalena prosegue a grande velocità, ma soprattutto sono arrivate ieri le notizie giuste, cioè che l’atteso finanziamento è sulla via giusta per arrivare  nelle mani degli organizzatori, che hanno già anticipato una cifra notevole. Tempi “italiani” purtroppo nelle decisioni e nelle successive pratiche. Per la Sardegna e La Maddalena le regate, che hanno acceso le loro polemiche per il coinvolgimento della Protezione Civile nel processo di decisione avvenuto dopo il G8. Le regae del Louis Vuitton Trophy sono considerate una sorta di “risarcimento” per il G8 mancato. In un certo senso sono anche meglio: uno spettacolo molto più consono al carattere turistico dell’isola e alla conversione dell’Arsenale che per decenni è stato occupato dalle navi militari. Una delle basi più importanti del Mediterraneo, una delle ultime lasciate dalla Navy americana. Erano una presenza ingombrante ma anche una grande fonte di reddito per l’isola. Non stagionale, che ha lasciato comunque un vuoto. Il progetto, nell’aria da tempo e più volte proposto è di convertire in porto turistico dedicato agli yacht di lusso, soprattutto. Gli spazi sono quelli giusti, la parte a terra è ora gestita da Mita, il grande albergo non è ancora in funzione per il pubblico ma accoglierà le squadre e i tecnici.